Il Museo
Pepoli nasce quale precisa espressione
della varietà e vastità degli
interessi culturali di Agostino Pepoli, che spaziavano, come è noto,
dall’archeologia all’arte, dalla storia patria alla musica, e dalla sua
incolmabile brama collezionistica. Costantemente animato da quell’impulso
quasi feticistico che muove molti collezionisti, il conte aveva raccolto
un’enorme quantità di materiali vari ed eterogenei, che con spirito
illuministico intendeva offrire alla fruizione della collettività.
Ottenuta dal Comune la concessione dei locali dell’ex convento
dell’Annunziata, prov - vide a proprie spese alla ristrutturazione
dell’edificio per adibirlo a sede museale.
Ricostruire l’assetto del Museo nei pochi anni in cui egli fu alla
guida dell’Istituto è impresa non facile, a causa dell’esiguità della
documentazione disponibile1;
ci sono tuttavia di aiuto alcune preziose fotografie d’epoca e le poche
annotazioni che è possibile desumere dal primo inventario del Museo
compilato dal suo diretto collaboratore, il canonico Simone Romano,
verosimilmente tra il 1908 ed il 1910.
Di una certa utilità è inoltre il verbale di costatazione e
descrizione sommaria degli oggetti esistenti al Museo Pepoli, redatto dal
Municipio di Trapani il 7 gennaio del 1911, che contiene un’elencazione,
seppur sommaria, dei beni con indicazione della loro ubicazione nei
diversi locali. Dall’analisi delle antiche immagini emerge in primo luogo
l’esigenza di Agostino, intimamente orgoglioso del suo ruolo di fondatore
e ideatore del Museo, di connotare fortemente gli spazi espositivi a lui
concessi nell’intento di conferire all’antico convento carmelitano
l’aspetto di “palazzo della famiglia Pepoli”. veniva pertanto riprodotto
ripetutamente negli ambienti di rappresentanza il simbolo dello stemma
gentilizio del suo casato, la scacchiera bianco-nera (Tav. 4): sulle
pareti del chiostro, nel vano del grande scalone d’accesso al piano
superiore, nella loggia- ballatoio e sui numerosi drappi, tappeti e
tessuti collocati lungo il percorso.
Nella trasformazione dell’edificio da convento a sede museale furono
inevitabilmente sacrificate alcune tracce dell’antico passato: tale sorte
subirono i ritratti dei santi carmelitani affrescati a parete al di sopra
delle porte di accesso alle celle, documentati da antichi scatti
fotografici oltre che dalla testimonianza del canonico Mondello2
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Museo Pepoli, Chiostro (foto anni
1907-1908)
Museo Pepoli, Scalone monumentale
(foto anni 1908-1909)
All’esigenza di
rinnovamento si associò il desiderio di esporre il maggior numero
possibile di beni, secondo quel modello di “massima esposizione” e di
“accumulazione museale” proprio delle case-museo del secondo Ottocento,
specchio della cultura collezionistica aristocratica ed altoborghese
dell’epoca3. un modello di riferimento dovette essere, pur con i dovuti
distinguo, il Museo Nazionale di Palermo, (in quegli anni diretto da
Antonino Salinas) istituto che, in coerenza con la mentalità posi -
tivistica di fine Ottocento, raccoglieva ed esponeva materiali afferenti a
svariate categorie (reperti archeologici, sculture e lapidi, dipinti,
opere d’arte industriale, armi ed altro ancora) riferibili ad un arco
cronologico vastissimo
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